Tessute Esistenze di Andrea Baffoni
Recensione su ContemporArt, rivista trimestrale di Arte e Cultura a cura di Andrea Baffoni.
Tessute Esistenze
Fin troppo scontato, in arte, parlare di tela e ricamo richiamando il mito, tutto al femminile, di Penelope. Se una premessa va fatta nel parlare del lavoro di Ilaria Margutti, questa risiede nell’attenzione maniacale riservata a un’espressività simbolico-figurativa, dove l’utilizzo di ago e filo è demandato a elemento sostanziale capace di travalicare il semplicistico concetto di trama e ordito. Le sue sono opere pittoriche, di un pittoricismo la cui necessità trabocca da una volontà di contatto, con la materia, certo, ma anche con il tempo, necessario, lungo ed estenuante, di realizzazione dell’opera.
Nata a Modena, diplomatasi all’Accademia di Belle Arti di Firenze è attiva oggi a Sansepolero, sua terra adottiva, dove dal 2013 s’impegna nel progetto di CasermArcheologia, luogo recuperato dal degrado e trasformato in spazio di rigenerazione urbana dedicato alla sperimentazione artistica contemporanea. Lunga la collaborazione con gallerie in Italia e all’Estero e la sua presenza in importanti manifestazioni internazionali. Un percorso segnato dalla continua esperienza e sperimentazione che dal 2007 vede l’ingresso, nelle sue tele, del ricamo.
Matura cosi la cifra stilistica di Margutti, calibrata su colori essenziali, prossimi alla monocromia e distanti dall’autocompiacimento. Una mistica d’amore per le culture tradizionali, strappate alla consuetudine del focolare ed elevate a principio rigeneratore. La vediamo alle prese con macchine da cucire, tessuti, piccoli telai, seduta in poltrona come le nostre nonne, nostalgicamente ancorata a un fare antico. Ma quando il lavoro è terminato, quando entriamo nel suo mondo ed esploriamo le sue opere, ci immergiamo in una poetica seducente, d’un tratto spinti in un contesto che di tradizionale non ha più nulla.
La sorpresa è nel risultato finale, una “pittura non pittura” dosata attentamente nei particolari, orientata nella scelta rigida dei colori, spesso alternando il bianco al rosso, mettendo insieme candore e passione, come quelle lenzuola un tempo tenute gelosamente nei cassetti in attesa del matrimonio, quando finalmente il sentimento poteva manifestarsi fisicamente. Materia di ago e filo, su cui interviene la sensibilità dell’artista a trasformare un telo in opera d’arte, come una mappa geografica della sua anima. Compaiono delle scritte, è il racconto a tracciare il destino di ogni lavoro su cui Margutti interviene, fatto di se stessa, spesso ritraendosi, alterando la propria identità e compenetrando quegli intrecci, tanto da rendere le opere leggibili in recto e verso. Un’arte complessa, in cui si alterna abilità grafica a sensibilità materica, attenzione cromatica a competenza tecnica. Lavori che funzionano da qualsiasi lato si guardino, e per lato non intendiamo quello del supporto, bensì l’angolazione di un sostanziale giudizio critico: arte figurativa, ma non usuale; tradizionale, ma non codificata; simbolica, di un simbolismo tutto suo.
Ed è quest’ultimo aspetto su cui vogliamo soffermarci, perché Margutti appartiene a quella pletora di artisti che hanno portato la figurazione in un mondo trascendente. Le sue donne divengono fiori, lei stessa si traduce nell’intreccio del filo, tramutata in elemento vegetale, senza sapere se l’apparato circolatorio sia composto ancora da vene o sia ormai tramutato in radici assetate di vita. Un moderno florealismo, sfuggente, affascinante, delicatissimo e fragile che per nascere ha bisogno di un’infinita attenzione, di ore passate a testa china e il cui risultato non finisce mai di stupire.
Andrea Baffoni