MEND OF ME | testi di Francesca Mazzarelli, Adriana Soldini, Maria Livia Brunelli, Matilde Puleo, Angela Ambrosini, Ilaria Margutti.
Mend of Me di Francesca Mazzarelli
Singolare. Lavoro paziente, acuto, antico e sorprendente. Un’attesa che è costruzione, che è dinamismo tacito, silenzioso. Lento.
E’ il ricamo, arte finissima e magistrale che si pratica con accuratezza indicibile, ad essere nel contemporaneo una tecnica inconsueta.
Ma per Ilaria Margutti è molto di più, è un processo: costruttivo, conoscitivo, educativo. Un palese laborioso percorso creativo che, gentile e raffinato, costruisce lentamente la figura.
Una cultura differente di sé che si mette alla prova nelle sue prodigiose manifestazioni mai complete se non nell’evoluzione finale.
Educativo al silenzioso trascorrere, alla conoscenza della propria intimità, vulnerabile e forte, decisamente caparbia, in equilibrio o in attesa di esserlo.
Un’opera nell’opera, l’arte nell’arte un confine che si pone come principio del lavoro artistico e del percorso umano, rappresentativo del tessersi. Una pittrice, Ilaria, che assapora la bellezza e conquista la consapevolezza di sapersi leggere, comporsi seguendo le proprie esigenze: nessun dettaglio è lasciato al caso, ogni desiderio si assembla svelandosi ora come vuoto, semplice percorso da compiere, e ora come significativamente ricolmo di una genuina riscoperta di emozioni e pure sensazioni.
La creazione di un capolavoro, una finestra alla quale affacciarsi per vedere il mondo in maniera differente, indagandosi con fierezza.
Donna di Ricami di Angela Ambrosini
A Ilaria
Nudità d’ombre
L’accartocciato filo
fende e presagio sembra
non avere la brinata pupilla
prima che ordito di carne
germoglio in forme e colore
frughi a smarrite tele
che Penelope dall’abisso
del mito
scruta.
E trama è a se stesso
il corpo e in sangue
di luce all’attuffarsi
dell’ago intatta irrompe
l’idea.
La mappatura identitaria dei confini corporei di Adriana M. Soldini
A volte ho come la sensazione di gettarmi addosso la vita,
per darmi modo di ricamare nuovi segni.
La bellezza intrecciata tra le dita.
Ilaria Margutti
Fra tutti i sensi, il tatto. E del suo corpo, la pelle.
È sulla pelle che Ilaria Margutti si analizza e si sperimenta.
Sollecitata dalla lettura del libro Predictionsdi Peter Handke nell’edizione illustrata daAurélie William Levauxe Isabelle Pralong, immette nuova energia nel ciclo La pelle avrà la fragilità della pelle,rivelando una maggiore consapevolezza del potere che ha in sé di essere l’artefice del proprio destino.
Pelle, l’esterno della casa in cui l’anima abita: il corpo. È l’ultima frontiera dell’essere a diretto contatto con il mondo e la prima linea di difesa dell’organismo contro le aggressioni esterne.
Epidermide, derma, ipoderma proteggono l’interno vulnerabile fatto di muscoli, ossa, organi interni, vasi sanguigni. Strati su strati di tessuti dallo spessore differente a seconda delle zone, a cui lei aggiunge uno strato in più: la garza.
La garza cura e permette la realizzazione della mappatura delle sue esperienze che il ricamo evidenzia, il rammendo rafforza, la larga trama fa defluire attraverso i pori all’interno del suo corpo per rafforzarne l’identità.
Sul disegno naturale della pelle, in un susseguirsi di solchi-rilievi-pieghe, Ilaria va a inserire rondelle metalliche dal contorno dentato, piccoli ingranaggi della sua storia che si snoda sull’uso sapiente del filo introdotto dall’ago senza più remora.
Non solo. Si permette di costruire staccionate di spilli e azzardare l’inserzione di spine, che paiono fungere da scaglie difensive come quelle dei pesci e dei rettili.
In punti precisi, sparge rametti di semi di papavero dal potere anestetico per ridurre la sensibilità oltre il livello di guardia. Sono i lembi estremi non ancora raggiunti dalla gestione del dolore, che ha imparato nel tempo senza dover narcotizzare le sue terminazioni nervose.
Conscia di sé nel Bene e nel Male, Ilaria espone orgogliosa la fragilità come un trofeo, dopo le mille battaglie vinte dalla sua pelle, dal suo corpo, dalla sua mente.
Mend of Me di Maria Livia Brunelli
Mend of me è un progetto nato da un incontro con una ricamatrice.
Lei mi ha insegnato a ricamare facendomi avvicinare al mondo in cui si immergono le ricamatrici durante i lunghi silenzi nei tempi in cui il lavoro si compie.È stato questo processo costruttivo che mi ha affascinata. Ricamare è un impegno lungo e paziente, dove gli errori spesso costringono a disfare ore di lavoro per poi ricominciare. Solo avvicinandosi alle mie opere, si coglie con sorpresa che sotto non c’è disegno: la figura si costruisce esclusivamente attraverso le linee del ricamo.
Lentamente appare una forma, un frammento alla volta, punto per punto: non è mai possibile vedere il risultato per intero durante la sua evoluzione, perché tutto deve essere accolto fra le mani a un palmo dagli occhi.
Il ricamo è femmineo.
In questi lavori la donna costruisce se stessa, le proprie aspettative, il proprio corpo, il senso della propria esistenza. Tale costruzione non può essere indolore. L’uso dell’ago spiega e accompagna la trasformazione che sta avvenendo, è l’arma che ferisce, ma è anche il mezzo necessario a far sì che il processo di trasformazione avvenga. L’ago ferisce la carne, ma allo stesso tempo rammenda e trasforma la figura, un punto alla volta. La sedia è il luogo dove tutto si compie, intrappolata nella rete delle aspettative.
Mend of me di Matilde Puleo
Mend of me è un lavoro orchestrato sul tema del confine e si gioca sull’equilibrio instabile della soglia. Soglia come luogo emblematico, in grado di evidenziare il duplice carattere del soggetto rappresentato, pronta a concedere ad Ilaria Margutti la possibilità di accostarsi alla pittura in un modo decisamente ambivalente.
Che si tatti di un ritratto è indubbio, tuttavia non è certo il confine tra reale e irreale e quindi tra opera e operatore. Opera-fantasma costruita dalla tecnica, l’immagine offre un montaggio che si regge, fa sue e poi gioca con le regole del ricamo. Ombra e prodigio delle mani, la forma crea una distanza temporale rispetto all’artista e sonda l’antica questione del doppio, avvalendosi della metafora come unico meccanismo concettuale utile per parlare di se stessi. Atemporalità e individualità sono i due estremi di questo confine; le vie perseguite e poi abbandonate da un processo elaborativo lento che stimola riflessioni sulla produzione dei simulacri. Il carattere trasgressivo è dovuto proprio a questo dispositivo di pulsioni grazie al quale si amplifica la realtà tramite l’imitazione e si permette che sulla trama della tela la forma denunci il manifestarsi di una pulsione in grado di creare una realtà sostitutiva, un inganno della mente. Chi dà forma a chi?
Svuotamento semantico del processo pittorico e desoggettivazione dello stesso sono i territori attraversati per favorire la crescita valoriale di quell’ago che, oltrepassando il limite, dà anima ad un’immagine che non a caso, tesse se stessa.
MEND OF ME di Ilaria Margutti
L’incontro con Rosalba Pepi è stato di fondamentale importanza per la realizzazione di questo progetto. Rosalba, ricamatrice/confidente è stata mia ispiratrice e sostenitrice in questo passaggio che mi ha vista alle prese con una tecnica a me fino ad ora ignota.
Avevo sempre visto il ricamo come un passatempo per signore, invece come ogni tecnica acquisita, quello che conta è l’idea e l’uso che se ne fa.
È bastato applicare i miei contenuti alla tecnica del ricamo e tutto è nato spontaneamente.
Ho pensato molto al mondo in cui si immergono le ricamatrici durante i lunghi silenzi nei tempi in cui un ricamo si costruisce e mi sono immaginata silenzi simili a quelli della pittura, per cui attraverso il colore si compone l’immagine…
Costruire.
è stato il processo costruttivo che mi ha affascinata. Lungo, paziente, dove gli errori spesso costringono a disfare ore di lavoro per poi ricominciare… e lentamente appare una forma un frammento alla volta, punto per punto… in cui non è mai possibile vedere il lavoro per intero durante l’evoluzione, ché tutto deve essere accolto fra le mani a un palmo dagli occhi.
Caratteristiche che richiedono cura e attenzione…
Ma l’uso dell’ago mi ha condotto anche a figurarmi il gesto del rammendo, segno coraggioso della conservazione, del coprire una lesione, del preservare un ricordo o del mascherare con una forma apparente.
…Perché il ricamo presuppone una trasformazione: dell’oggetto, della persona che ricama, e che si costruisce.
Il ricamo è femmineo.
Spiega il processo della natura femminile senza proferire parola.
Come una Penelope la donna compone le proprie aspettative, il proprio corpo, il senso dell’esistenza secondo la propria volontà, seguendo schemi e regole da lei dettate.
Sono questi i contenuti che mi hanno condotta a trattare il ricamo, non come una tecnica, ma come una dimostrazione dai forti contenuti esistenziali.
L’ago penetra la stoffa, ma anche la carne.
In un rimando di immagini contornate dal filo, ho cercato di “ricamare” me stessa e altre donne a me care, per sintetizzare un lavoro eternamente in corso d’opera.